Psicoterapia individuale: la mente dell’altro nel Disturbo d’Ansia SocialE
A cura della psicologa psicoterapeuta Dott.ssa Stefania Ciaccia
Come abbiamo già visto in articoli precedenti, nel Disturbo d’Ansia Sociale, la persona che ne soffre ha un’immagine di sé come persona inadeguata in un contesto sociale. Le varianti sono infinite: generalmente si percepisce come goffa, antipatica, poco intelligente, poco interessante per cui teme che il giudizio dell’altro possa confermare questa sua tesi.
Il potere delle nostre convinzioni
Tanto più sono forti queste convinzioni, tanto più la persona sentirà, nei contesti sociali, il peso dello sguardo dell’altro: se si è convinti di esser goffi e spiacevoli, andare al compleanno dell’amico dove ci sono persone che non conosco è una situazione che ci esporrà al rischio di essere giudicati per i nostri difetti (come potrebbero non accorgersene gli altri?).
Ecco che, allora, rifiuto l’invito o resto in disparte per la maggior parte del tempo (evitamento – che puoi approfondire nell’articolo L’evitamento nella Fobia Sociale)oppure gioco con lo smartphone (comportamenti protettivi).
Il public self-consciousness
Il risultato, in termini di sensazione, è quello che gli psicologi definiscono pubblic self-consciousness, cioè la sensazione che il soggetto proverebbe se entrasse in un locale affollato e tutti smettessero di fare quello che stanno facendo solo per osservarlo e sondare i suoi difetti.
Inoltre, un altro meccanismo psicologico che s’innesta in una situazione di questo tipo è la cosiddetta mind reading, ossia la convinzione di sapere cosa gli altri stiano pensando (“sicuramente avranno notato i miei difetti”).
Quello che in realtà stiamo facendo è proiettare sugli altri i nostri pensieri, rinforzando le nostre convinzioni disfunzionali.
L’effetto del decentramento in un pensiero disfunzionale
E’ come se s’innestasse un temporaneo guasto di una funzione metacognitiva chiamata “decentramento”, cioè la capacità di comprendere la mente degli altri in modo non soggettivo, quindi non interpretando le loro azioni alla luce di temi che sono prettamente nostri, ma cercando di adottare anche la prospettiva dell’altro.
Tutto, quindi, parte da un pensiero negativo circa sé stessi (sicuramente arrossirò ed è un sintomo di fragilità); questo influenza sia la capacità di una corretta valutazione dello spazio mentale che occupiamo negli altri (pubblic self-consciousness: nel ristorante tutti sanno che sto arrossendo perché mi stanno guardando tutti), sia una giusta interpretazione della loro mente (mind reading: tutti mi stanno giudicando come una persona fragile).
La conoscenza dei processi cognitivi nella psicoterapia individuale
Durante un percorso di psicoterapia individuale cognitiva comportamentale si cerca di lavorare su questi processi cognitivi, per cercare di conoscerli, al fine di dominarli e affinare la nostra capacità di decentramento.
In particolare, la psicoterapia individuale insegna a decentrarsi rispetto alla propria visione del mondo e implica l’essere in grado di leggere i comportamenti altrui sulla base delle informazioni che abbiamo circa la loro storia, il loro modo di formarsi idee sul mondo e le loro caratteristiche di personalità, uscendo dalla propria visione egocentrica.