Psicoterapia individuale: i comportamenti protettivi nella fobia sociale
A cura della psicologa psicoterapeuta Stefania Ciaccia dello studio Il Bucaneve
Come già accennato nei precedenti articoli, l’ansia è un’emozione spiacevole: non ci piace provarla, è tra quelle che definiamo emozioni negative.
Seppur in situazioni specifiche ed entro certi limiti d’intensità, sia considerata utile, uno stimolo a intraprendere iniziative, spesso l’ansia ci induce a cercare delle modalità per ridurla o estinguerla.
Tuttavia, non sempre le azioni che mettiamo in atto e i pensieri che le guidano sono in grado di ridurre la nostra ansia.
I contesti sociali
Nel disturbo d’ansia sociale, per esempio, di cui abbiamo parlato recentemente, le persone mettono in atto dei comportamenti che si rivelano controproducenti rispetto all’obiettivo ultimo di ridurre l’emozione negativa.
Nei contesti sociali, questi soggetti, provano una certa dose di agitazione generale che si manifesta in diversi modi: sudore, aumento del battito cardiaco, rossore al viso, tensione muscolare.
Per cercare di evitare queste spiacevoli sensazioni, le persone con ansia sociale mettono in atto quelli che in clinica vengono definiti comportamenti protettivi.
I comportamenti protettivi
Si tratta di azioni a cui il soggetto ricorre per cercare di proteggersi dalle conseguenze catastrofiche attese nella specifica situazione sociale.
Alcuni esempi di questi comportamenti possono essere:
- tenere la giacca per evitare che gli altri vedano che stanno sudando;
- prepararsi cose da dire per il timore di non riuscire a parlare;
- restare in un angolo con il telefono in mano per fingere di essere impegnati in un’altra conversazione e sfuggire al confronto con l’altro;
- usare molto trucco per coprire il rossore del viso, ecc.
Sebbene possa sembrare (e qualche volta è così per davvero!) che queste azioni abbiano un effetto positivo nell’immediato, in realtà fungono da cosiddetti fattori di mantenimento del problema: invece di aiutarci a fronteggiare e ridurre l’ansia, la rinforzano.
Come succede tutto ciò?
I comportamenti protettivi cercano, appunto, di proteggerci da un problema che risiede nella nostra mente, nei nostri pensieri.
Nel momento in cui noi decidiamo di metterli in atto stiamo credendo, senza mai metterle in dubbio, alle nostre idee disfunzionali su noi stessi: al fatto che siamo inadeguati, impacciati, incapaci di gestire determinate situazioni.
Più noi utilizziamo i nostri comportamenti protettivi per gestire determinate situazioni sociali, più rafforziamo l’idea che non siamo realmente capaci di affrontarle e si cristallizza nella nostra mente un’immagine sociale di noi stessi come persone inadeguate.
Cadere trappola dei propri pensieri
I comportamenti protettivi, come accennato in precedenza, talvolta hanno davvero il potere di aiutarci a fronteggiare le situazioni che ci intimoriscono, ma ciò non è sempre vero: infatti, tenere indosso la giacca per evitare che gli altri possano vedere che stiamo sudando ci farà sudare ancora di più!.
Prendiamo l’esempio delle sostanze: alcuni soggetti credono di essere impacciati, poco spigliati e simpatici così, per sostenere una cena in compagnia, utilizzano l’alcol come comportamento protettivo. Senza esagerare nella quantità, è possibile che la sostanza li aiuti realmente ad allentare i freni inibitori e i soggetti trascorrano una serata più o meno tranquilla.
Tuttavia, da quel momento in avanti, inizieranno a pensare che solo attraverso la sostanza potranno gestire quel tipo di situazioni.
Psicoterapia individuale e ansia sociale
Uno step importante nella psicoterapia individuale cognitivo comportamentale per il trattamento dell’ansia sociale è l’individuazione dei comportamenti protettivi che il paziente mette in atto, al fine di accompagnarlo nell’abbandono di tali azioni e nella ricerca di nuove strategie e risorse che non credeva di possedere.