DEFINIZIONE E CRITERI DIAGNOSTICI DEL BINGE EATING DISORDER

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fame emotiva

DEFINIZIONE E CRITERI DIAGNOSTICI DEL BINGE EATING DISORDER

A cura della psicoterapeuta e psicologa a Brescia Dott.ssa Francesca Cervati

I disturbi del comportamento alimentare sono sempre più diffusi. 

In uno degli articoli precedenti abbiamo trattato le abbuffate e abbiamo brevemente spiegato il circolo vizioso che spesso le caratterizza.

Le abbuffate si possono ritrovare in riferimento a diversi disturbi alimentari. In questo articolo le vediamo rispetto all’alimentazione incontrollata o Binge Eating Disorder: questo termine indica una ripetuta tendenza a mangiare una quantità di cibo superiore alla norma in modo spesso vorace e indipendente dalla fame, fino a sentirsi spiacevolmente pieni.

Il disturbo si verifica in individui normopeso/sovrappeso e obesi, inoltre, le abbuffate non vengono seguite da pratiche di eliminazione o compensazione come vomito o purghe (a differenza della bulimia nervosa).

Le caratteristiche del disturbo

Sebbene eterogenee per tipo di cibo, frequenza e durata, tutte le abbuffate tipiche del Binge Eating Disorder hanno due caratteristiche in comune:

  1. il quantitativo di cibo assunto è percepito come eccessivo, significativamente superiore a quello che la maggior parte delle persone assumerebbe nello stesso arco di tempo e in circostanze simili;
  2. la sensazione di perdita di controllo sull’atto di mangiare (per esempio, sentire che non ci si può astenere dall’abbuffarsi, oppure non riuscire a fermarsi una volta iniziato a mangiare).

Come capire se si è affetti da disturbo da binge-eating

Molto spesso, nel mio studio di psicologa a Brescia, le persone mi chiedono come capire se sono affette da questo disturbo; il binge-eating soddisfa normalmente i seguenti criteri diagnostici:

  1. ricorrenti episodi di abbuffata;
  2. presenza di tre o più delle seguenti caratteristiche
  1. mangiare molto più rapidamente del normale
  2. mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni
  3. mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati
  4. mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando
  5. sentirsi disgustati verso se stessi, depressi o in colpa dopo l’episodio;
  1. presenza di marcato disagio riguardo agli episodi di abbuffata;
  2. frequenza degli episodi: l’abbuffata si verifica, in media, almeno una volta a settimana per tre mesi;
  3. assenza di condotte compensatorie. Come accennato sopra, l’abbuffata non è associata alla messa in atto sistematica di condotte compensatorie inappropriate come nella bulimia nervosa o nell’anoressia nervosa.

Consigli della psicologa

Chiaramente, il modo migliore per avere una diagnosi chiara e definita (che non dia luogo a equivoci anche rischiosi) è quello rivolgersi a un professionista, uno psicologo psicoterapeuta o un medico psichiatrica.

Per il trattamento così come per tutti i disturbi alimentari è fortemente consigliato un approccio multidisciplinare che coinvolga non solo il terapeuta individuale, ma anche, figure medico nutrizioniste e, nel caso fosse necessario, anche psichiatriche. Questo è ciò che consiglio all’interno del mio studio di psicologa a Brescia