Tecniche moderne in aiuto della psicologia: la Compassion Therapy
A cura della psicologa psicoterapeuta Stefania Ciaccia
La terapia cognitivo – comportamentale utilizza diverse tecniche per aiutare le persone a risolvere i loro problemi e gli psicologi a svolgere il loro lavoro al meglio.
Rispetto a quelle più antiche e tradizionali (ricordando che la terapia cognitivo – comportamentale è comunque un approccio che risale alla metà del secolo scorso, quindi più innovativo rispetto ad altri orientamenti), ce ne sono di nuove che vengono definite di “terza generazione”.
La Compassion Therapy si posiziona proprio tra queste. La filosofia che sta alla base di questa tecnica prevede che ciascuno di noi assuma verso se stesso un atteggiamento compassionevole, che si guardi e parli a se stesso in modo gentile, con la stessa sensibilità e intento di cura che spesso riserviamo alle persone intorno a noi (anche quelle che non conosciamo!), ma non a noi stessi.
Gli effetti della Compassion Therapy
La ricerca in ambito psicologico ha portato a risultati notevolmente positivi negli ultimi anni, per cui la Compassion Therapy sta effettivamente prendendo sempre più piede in tutto il mondo grazie ai benefici che porta a livello di salute mentale.
La compassione verso se stessi, infatti, è un atteggiamento che, quando allenato, permette di ridurre l’autocritica e, di conseguenza, ci aiuta a essere meno depressi.
Inoltre, ci sprona a essere meno perfezionisti, senza però minare il nostro entusiasmo nel voler eccellere e approfondire quello che ci piace fare. Anzi, ci stimola, dandoci il coraggio di sperimentare noi stessi nella vita, perché l’eventualità di un fallimento non viene vissuta in modo negativo, essendo noi in grado di perdonarci davvero.
I consigli della psicologa: imparare ad essere compassionevoli con se stessi
Insomma, un atteggiamento gentile e compassionevole ci permette di affrontare la vita con più leggerezza e serenità: stiamo 24 ore su 24 con una persona per la quale proviamo affetto e cura, ossia noi stessi. Alcune persone possono avanzare l’ipotesi che alla base di un comportamento compassionevole ci possa essere “auto–pietismo” o autoindulgenza, ma in realtà è una filosofia di pensiero e un modo di vivere tutt’altro che passivo.
Non significa mettere se stessi al centro del mondo e occuparsi solo dei propri problemi, bensì credere che anche i nostri problemi siano importanti e meritevoli di cura.
L’idea è che giudicandoci negativamente per un errore commesso, insultandoci, non ci sproniamo a fare di più o a fare meglio ma ci costruiamo dentro un’immagine negativa di noi stessi che ci porta a deprimerci e a smettere di credere nelle nostre possibilità.
Accettare il fallimento senza perdersi d’animo
La compassione verso noi stessi non significa accettare i fallimenti come se fossero parte della nostra vita ma come eventi che capitano e che non vanno a minare la nostra identità.
La self–compassion implica, quindi, aspirare alla salute e al benessere per noi stessi e ci porta ad adottare un comportamento proattivo, teso a migliorare la nostra situazione piuttosto che arrendersi alla passività.
Durante un lavoro di terapia cognitivo comportamentale all’interno di uno studio, la psicologa cerca di stimolare nel paziente la compassione verso se stesso come strumento trasversale per fronteggiare le proprie situazioni problematiche.
Dott.ssa Stefania Ciaccia